VINCENT VAN GOGH - La Diagnosi
- alpha
- Sep 5, 2016
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Il famoso pittore del XIX secolo viene raccontato dalla storia dell'arte come un personaggio del tutto folle, errabondo, la cui malattia si intreccia indissolubilmente alle sue opere, parto del suo travaglio interiore. La malattia si rese evidente dopo gli alterchi con Gauguin, a cui fece seguito il famoso taglio del lobo dell'orecchio sinistro che offrì ad una prostituta. Episodi altrettanto degni di nota sono il fatto che gettò dal balcone i mobili della sua casa, l'ingestione di tubetti di colore e di acqua ragia. Aveva contratto in età più giovanile la gonorrea da una prostituta (deturpata dal vaiolo e alcolizzata) che intendeva sposare. Raccontò di aver avuto allucinazioni, che lo portarono addirittura ad internarsi volontariamente. Van Gogh era ben cosciente della sua malattia. Fu allontanato dalla chiesa in cui era pastore per "follia mistica". Nonostante le sue lettere al fratello ci raccontano molto della sua vita e dei suoi sintomi, davvero difficile risulta formulare una diagnosi: gli studiosi sono combattuti. Qui andremo a illustrare brevemente le ipotesi più accreditate.
1. PSICOSI EPILETTICA. La diagnosi di epilessia fu fatta dal Dr Peyron, il primo che lo visitò. Oggi si preferisce questo quadro in cui l'epilessia cronica determina deterioramento mentale con psicosi. Egli subiva attacchi di panico e allucinazioni ai quali reagiva con atti di violenza e tentativi di suicidio, seguiti da torpore. Al di là delle crisi, Vincent avrebbe avuto un comportamento normale.
2. SINDROME DI MENIERE. Nelle lettere Vincent riferisce gravi episodi di vertigini associate ad uno stordimento prolungato. Egli riferisce alterazioni dei suoni, assimilabili alla presenza di tinnito e acufeni. Questo quadro clinico è caratterizzato da aumento della pressione nell'orecchio interno, che provoca attacchi ricorrenti di sordità, acufeni, vertigini (gravi problemi di equilibrio), nausea, vomito, una sensazione di pressione aumentata all'interno dell'orecchio. Questi sintomi si presentano come "crisi" episodiche, che possono durare da 20 minuti a 24 ore e più.
3. INTOSSICAZIONE DA DIGITALE. Van Gogh ritrae il medico che lo seguiva ad Auvers, il dott. Gachet (in foto) e sul tavolo, una pianta di Digitalis Purpurea, il cui estratto veniva probabilmente utilizzato per curare la presunta epilessia. L’intossicazione si manifesta, oltre che con irrequietezza, confusione mentale e idee deliranti, anche con fenomeni di “xantopsia”, condizione in cui gli oggetti di colore chiaro appaiono con una forte dominante gialla e quelli scuri vengono percepiti come se fossero di colore violetto. E negli ultimi anni, la pittura di van Gogh è appunto dominata dal giallo.
4. INTOSSICAZIONE DA ASSENZIO. L'assenzio è un liquore tipico di quel periodo storico, contenente tujone, il quale poteva causare in dosi massicce la xantopsia, risultando inoltre tossico per il SNC.
5. INTOSSICAZIONE DA CANFORA. Van Gogh usava porre sotto il cusino la canfora per combattere l'insonnia. La canfora sprigionava un terpene (come il tujone) tossico.
La sera del 27 luglio 1890 fu trovato disteso e sanguinante sul suo letto: van Gogh confessò di essersi sparato un colpo di rivoltella al petto in un campo vicino.
Al dottor Gachet - che, non potendo estrarre il proiettile, si limitò ad applicare una fasciatura mentre gli esprimeva, comunque, la speranza di salvarlo - rispose che aveva tentato con coscienza il suicidio e che, se fosse sopravvissuto, avrebbe dovuto «riprovarci»: «volevo uccidermi, ma ho fatto cilecca». Morì la notte del giorno dopo.
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